martedì 30 novembre 2010

Il pesce riduce l’aggressività del tumore prostatico

Pubblicato su: American Journal of Clinical Nutrition - Data pubblicazione: Settembre 2010

Gli omega 3 contenuti in questo alimento sembrano avere un effetto antinfiammatorio in grado di ridurre il rischio di metastasi
Il pesce a tavola rende il tumore della prostata meno pericoloso, anche se non riduce il rischio di ammalarsi. È quanto affermano, sulle pagine dell'’American Journal of Clinical Nutrition, i ricercatori canadesi guidati da Konrad M. Szymanski dopo aver valutato 31 studi che analizzavano il legame tra consumo di pesce e tumore prostatico, una delle neoplasie più diffuse tra gli uomini dei Paesi occidentali.
Che mangiare pesce abbia un effetto benefico sulle malattie cardiovascolari non è una novità, ma prima di questo lavoro i dati sul tumore prostatico non erano chiari. Ora si sa che tanto pesce nella dieta quasi dimezza (meno 44 per cento) il rischio di sviluppare metastasi e riduce del 63 per cento il rischio di morire a causa della malattia.
La ragione? L’ipotesi sostenuta dagli autori è che le proprietà anticancro del pesce siano legate all’effetto antinfiammatorio degli acidi grassi omega 3 in esso contenuti. Ancora dubbi, invece, sulla quantità necessaria per poter contare su tale protezione: “Quello che possiamo dire con certezza è che mangiare molto pesce fa bene in caso di tumore della prostata, ma non possiamo dare indicazioni precise su quante porzioni consumare ogni giorno” spiega Szymanski.
 

Cancro, Crea Più Ansia L'attesa Della Diagnosi Che La Terapia

 30 Novembre 2010: MedicinaLive.com

Cancro, spesso l’attesa di un particolare esame diagnostico  aumenta l’ansia delle persone coinvolte più della notizia della diagnosi stessa della malattia. Lo sottolinea una recente indagine della Harvard Medical School statunitense, presentata nel corso dell’ultimo congresso della Radiological Society of North America.
Uno studio davvero particolare, volto a scoprire e catalogare la gamma delle reazionied emozioni umane in seguito ad un evento traumatico come quello dell’apprensione di una malattia invalidante come un tumore.
Lo studio ha preso come campione 214.112 donne in attesa di essere sottoposte ad unabiopsia per sospetto cancro al seno , 42 di una chemio-embolizzazione epatica ovvero un trattamento per il cancro al fegato, 60 di una embolizzazione di un tumore all’utero, e diversi trattamenti per la cura di miomi uterini maligni e fibromi uterini benigni.
Sono stati quindi messi a confronto degli esami di “scoperta”, attraverso i quali far conoscere alla donna la possibile presenza di una forma tumorale, e cure nei confronti di donne che presentavano uno stadio di malattia già conclamato.

sabato 27 novembre 2010

Tumore alla bocca

www.airc.it/tumor
Cos'è il tumore alla bocca
Il cavo orale comprende i due terzi anteriori dellalingua, le gengive, la superficie interna delle guance e dellelabbra, la parte inferiore della boccasotto la lingua (il pavimento orale), la parte superiore ossea della bocca (ilpalato duro) e la zona oltre i denti del giudizio (il trigono retro molare).

La presenza sulle mucose del cavo orale di una tumefazione persistente, di una macchia bianco rossastra che non si risolve, ovvero di una ferita che non si rimargina sono possibili segnali di allarme  perché potrebbero essere la manifestazione di una lesione pre tumorale o  tumorale del cavo orale.


Quanto è diffuso
Su scala mondiale i tumori del cavo orale insieme a quelli della laringe e della faringe rappresentano il 10 per cento circa di tutte le neoplasie maligne negli uomini e il 4 per cento nelle donne.
In Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 4.500 casi di tumori alla bocca e si registrano circa 3.000 decessi. Ciò accade perché questo tipo di cancro viene di solito diagnosticato in fase già avanzata, quando la massa tumorale si è già ingrandita al punto da richiedere interventi mutilanti e spesso con scarsi risultati.
Diffusione in Italia del tumore alla bocca
Il tumore del labbroè più comune negli uomini, e si sviluppa soprattutto in persone dalla pelle chiarache trascorrono molto tempo al sole (per esempio i muratori, gli agricoltori o i pescatori). I tumori del labbro rappresentano l’11 per cento circa dei nuovi casi, ma sono responsabili solo dell’1 per cento dei decessi totali.

La lingua è la sede più frequente coinvolta nelle neoplasie del cavo orale: infatti i carcinomi linguali sono il 30 per cento circa di tutti i carcinomi orali.
Il tumore del cavo orale è più frequente in persone che fumano tabacco e consumano alcolici; la coesistenza di queste due abitudini moltiplica il rischio di sviluppare neoplasie orali.

Negli ultimi anni si è osservata una progressiva riduzione diincidenza delle neoplasie orali alcol e tabacco correlate, soprattutto nel sesso maschile, mentre nel sesso femminile, si è invece registrato un aumento.


Chi è a rischio
Per tutti i tumori del cavo orale i principali fattori di rischiosono il fumo di sigaretta, il consumo di alcol e qualunque condizione di traumatismo della superficie interna dellabocca.

Altre cause favorenti possono essere scarsa igiene orale,masticazione di tabacco, errato posizionamento di protesi dentarie.

Per quanto riguarda il tumore del labbro, un possibile fattore favorente è l’esposizione al sole.

I tumori della bocca e del cavo orale colpiscono di solito dai 40 anni in su.


Tipologie
Oltre il 90 per cento dei tumori della bocca origina dallecellule epiteliali squamose.


Sintomi
L’età media alla diagnosi di un tumore del cavo orale è di 64 anni e il 95 per cento insorge dopo i 40 anni.
È opportuno consultare il medico se si nota una tumefazione persistente nel labbro, in bocca o nelle gengive, una ferita che non si rimargina o un dolore\bruciore in bocca.
Un altro segnale da tener presente è quando si ha dolore e difficoltà nel mettere la dentiera.


Prevenzione
In base ai dati disponibili, non è possibile formulare raccomandazioni a favore o contro lo screening di routine per i tumori del cavo orale per gli individui che non presentano sintomi.
Per tutti è valido il consiglio di adottare uno stile di vita sano, non fumare, non consumare tabacco in alcuna forma e limitare l’alcol. 

In particolare è importante non sottovalutare eventuali lesioni della bocca solo perché piccole o indolori: noduli o indurimenti della mucosa, piccole ulcere, placche bianche o rosse o bianco-rossastre specie se sanguinanti, escrescenze. Un altro segnale di allarme può essere dato in caso si verifichino impedimenti a una corretta masticazione.

I medici dovrebbero prestare particolare attenzione allelesioni precancerose e a qualsiasi segno o sintomo di tumore del cavo orale, in tutti gli individui che consumano tabacco (sigarette, pipa, sigaro) o che assumono regolarmente alcol.
Si consiglia l’esame del cavo orale eseguito da un medico o da un dentista per tutti i soggetti di età superiore a 60 anniche abbiano fattori di rischio per il carcinoma orale.


Diagnosi
Il cancro della bocca se riconosciuto in fase precoce può essere curato con successo con elevate percentuali di guarigione. I ritardi diagnostici dipendono in genere da una sottovalutazione dei sintomi spesso dovuta a una conoscenza insufficiente di questo tumore. Il tumore alla bocca viene infatti spesso confuso con altre malattie più frequenti (ascessi dentari, tumori benigni) ma meno gravi o per paura immotivata.

I principali esami per individuare i tumori del cavo orale, in assenza di sintomi, sono l’ispezione e la palpazione  delpavimento della bocca e della lingua.

Ogni lesione sospetta della mucosa deve essere sottoposta a biopsia col prelievo di una piccola porzione di tessuto.


Evoluzione
Come per la maggior parte dei tumori, la guarigione dipende dalle condizioni generali di salute, dalla sede e dalla diffusione ai linfonodi regionali o ad altre parti dell’organismo.
Dai dati disponibili si è potuto stabilire che, al momento della diagnosi, oltre la metà dei tumori del cavo orale sono già diffusi nelle sedi vicine.

Complessivamente, la sopravvivenza media a cinque anni dalla diagnosi è del 50 per cento e oscilla tra l'80-90 per cento dei pazienti con tumori confinati alla sede di insorgenza e il 19 per cento dei pazienti con tumori metastatici.


Come si cura
I tumori del cavo orale possono essere curati con l’asportazione chirurgica del tumore dei linfonodicircostanti o con la brachiterapia, un tipo particolare di radioterapia.


Qualora l’asportazione sia molto ampia oggi si procede a ricostruzioni sofisticate anche con autotrapianti di pelle, muscolo o di osso. In ogni caso è utile una rieducazione alla fonazione e alla deglutizione coordinata da specialisti logopedisti.

Radioterapia e chemioterapia sono in genere usate come adiuvanti nel post operatorio dei tumori avanzati e meno frequentemente in alternativa alla chirurgia.

venerdì 26 novembre 2010

Giornata nazionale per la ricerca sul cancro: più vicini alla soluzione


www.tuttoperlei.it

a cura di Giovanna Manna

Umberto Veronesi ad Alghero durante il Meeting di aggiornamento sul trattamento multidisciplinare del carcinoma mammario tenutosi due mesi fa ha detto: “Non si deve avere paura, non sempre ma molto di più rispetto al passato di tumore si riesce a guarire, sia tra gli uomini, sia tra le donne”, ed oggi sembra essere sempre più convinto.
Ebbene, durante questa giornata dedicata alla Giornata nazionale per la ricerca sul cancro, il direttore dell’Istituto europeo di oncologia, Veronesi appunto, afferma: “Non siamo ancora alle soglie della risoluzione finale del problema cancro, ma ci stiamo avvicinando”.
“Negli ultimi 30 anni abbiamo fatto più progressi che nei tre secoli precedenti”, ha spiegato l’esperto.
Grazie ad uno studio sostenuto da AIRC e FIRC che è stato pubblicato quest’anno sulla rivista scientifica Annals of Oncology, il cancro è sempre più una malattia curabile.
Tra il periodo 1990-1994 e quello 2000-2004 i tassi di mortalità per 25 tumori in 34 Paesi europei sono diminuiti del 9 per cento negli uomini e dell’8 per cento nelle donne, con un forte calo soprattutto tra le persone di mezza età.
Ciò nonostante, i dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità, dimostrano che nel 2030 le persone colpite dal cancro, supereranno gli 11 milioni e che, se per allora non si troverà una cura per debellarlo, il cancro sarà la causa principale di tutti i decessi.
Però è anche vero, che il 40 per cento dei tumori potrebbe essere prevenuto conducendo una vita sana e sottoponendosi con regolarità a visite ed esami di diagnosi precoce.

La solitudine del malato cronico. Congresso FADOI a Roma

www.salutedomani.com
Solitudine, è la nuova “malattia” che colpisce i malati cronici del Lazio. Una tegola su una realtà che già preoccupa. Basta un viaggio nelle corsie della Medicina Interna, che accolgono circa la metà dei pazienti che ogni anno si ricoverano in ospedale. Nel 2009, nel Lazio, su 800mila ricoveri in ospedale oltre 400mila sono stati in area medica.  
«Crescono i pazienti “critici cronici”, sono il 20 per cento dei ricoverati - dice Dario Manfellotto, al vertice della FADOI Lazio, la Società scientifica che riunisce oggi e domani a Roma gli Internisti Ospedalieri – ma cresce anche il numero degli anziani che chiedono  aiuto all’ospedale perché non sanno  dove andare. Perché il malato cronico o anziano è solo. Perché non può più contare sull’ auto-assistenza e non ha una rete sociale alla quale rivolgersi, dalla famiglia alle strutture sul territorio. Sull’esercito dei pazienti over 65 anni - sono più di un milione e duecentomila, solo gli over 84 sono cresciuti in tre anni del dieci per cento - piomba l’incubo della solitudine. Un incubo perché alla riduzione dei posti letto negli ospedali non sta corrispondendo una crescita delle strutture assistenziali sul territorio. Tutto al momento si regge sulle badanti: 75 mila regolari, più del doppio in nero. L’allarme lanciato dalla FADOI Lazio ha colto nel segno: il Lazio sta diventando una regione badante-dipendente, ovviamente sempre per chi se lo può permettere e, in tempo di crisi, si risparmia anche su questo».
«E così è nato anche  il problema delle sliding doors, delle porte girevoli – spiega Dario Manfellotto- I pazienti ultra 65enni  sono il 25% degli accessi in Pronto Soccorso, ma fra i ricoverati sono più della metà. Però dei pazienti con più di 75 anni che vengono dimessi dagli ospedali, il 48,30% si ricoverano nuovamente entro un mese, magari in un altro ospedale. E’ l’emergenza sanitaria della regione e lo documentiamo con un dossier di proposte al Governatore Polverini sulle indicazioni del piano di rientro approvato recentemente e che, nelle linee generali, condividiamo. Ma sul percorso Ospedale-Territorio serve una riflessione. Dove mandiamo i nostri pazienti dimessi dai reparti di Medicina Interna se sono ancora inadeguate la recettività e la disponibilità dei servizi di assistenza domiciliare, post acuzie e lungodegenza? Alla riduzione dei posti letto sicuramente necessaria - anche se sull’ opportunità del taglio di lungodegenza e riabilitazione qualche dubbio rimane - non ha corrisposto una immediata creazione delle strutture intermedie, come gli ospedali distrettuali, che dovrebbero dare assistenza a molti malati ma, ovviamente, non a quelli acuti e gravi”.   
“Ministro Fazio, già fra pochi anni non ci sarà più posto per i giovani in corsia”. L’allarme lo ha lanciato il ministro Fazio qualche giorno fa: “Nel 2050 – ha detto il Ministro- se continueremo a ricoverare gli anziani in ospedale non ci sarà più posto per i giovani”. «Ma il 2050 paventato dal Ministro – replica Manfellotto- è già arrivato, e noi lo stiamo dicendo da anni. Non dovremo aspettare quarant’anni per vedere le corsie al collasso. Presto aumenteranno anche gli stranieri malati, anziani e non. Oggi gli stranieri anziani sono cento volte in meno dei residenti italiani ma tra vent’anni saranno quadruplicati. Malati che si aggiungono a malati, anziani che si aggiungono ad anziani».
«Il Ministro ha detto – conclude Manfellotto- che  “non si debbono chiudere gli ospedali senza un'adeguata assistenza territoriale, ma la strada va verso l'assistenza territoriale.” Il problema è che al momento né i medici di medicina generale né le strutture del territorio sono in grado di assistere questo gran numero di pazienti destinati a diventare sempre di più. Il futuro è già domani. Il Piano di rientro verrà applicato  dal 1 gennaio 2011. Bisogna agire, adesso. Bisogna disegnare adesso il futuro che, lo ripeto, è davvero alle porte. Gli Internisti presenti in ogni Ospedale, vere sentinelle dello stato di salute del nostro Paese e della nostra regione, sono pronti a rimboccarsi le maniche per collaborare alla soluzione del problema. Su questo progetto serve un tavolo di concertazione con la Regione».
Uno su cinque ha i capelli bianchi. Nel Lazio ci sono circa un milione e 200mila ultrasessantacinquenni dei quali, più o meno un terzo, ha più di ottant’anni. Rappresentano quasi il 20 per cento della popolazione (gli 80enni e più sono il 5,4%). Il primato dei capelli bianchi- ma non è una novità- spetta sempre alle donne (651.895 contro 471.172), mentre dando uno sguardo alle province la più anziana è quella di Rieti, dove il 23,2 per cento della popolazione ha più di 65 anni, la più giovane quella di Latina (17,8% di over 65). Le stime dell’ISTAT parlano chiaro: se l’indice di vecchiaia della regione oggi è pari a 142,3%, tra dieci anni salirà a 164,8% e nel 2030 diventerà 208,7%. Tra dieci anni gli over 65 saranno un po’ più di un milione e 300mila e rappresenteranno già il 22,4 per cento della popolazione ma nel 2030 diventeranno 1milione 500mila  (gli over 80 saranno quasi il 9% della popolazione). C’è un dato che ‘fotografa’ bene la situazione: oggi, nel Lazio, i centenari e ultracentenari sono 1368 (1031 donne e 337 uomini); nel 2020 supereranno la soglia delle cento candeline in 2000. 
Gli stranieri, malati dimenticati. Fra 10 anni saranno il triplo. I malati‘dimenticati’: sono gli stranieri, anziani e meno anziani.  Attualmente nel Lazio i residenti stranieri con più di 65 anni sono 12.500, vale a dire cento volte in meno degli italiani. Ma la loro corsa è già iniziata. Tra appena dieci anni il numero sarà triplicato (l’Istat ne stima 36.710) e tra vent’anni saranno il quadruplo di oggi (78.102). Oggi rappresentano il 2,7 per cento della popolazione straniera residente, nel 2030 saranno quasi il 10 per cento degli stranieri nel Lazio.
Roma badante-dipendente. Tutte le cifre degli anziani a Roma e provincia. La solitudine, “malattia” dilagante. Ne è vittima l’anziano. Nei grandi centri della provincia di Roma, la Capitale in primo luogo, non solo nelle borgate, ma da un po’ di tempo, anche in quelli piccoli, dove si ritiene che la vita scorra più a misura di persona avanti con gli anni.«Se quella del malato cronico o anziano solo è una drammatica realtà in tutto il Lazio -dice il dottore Emilio Scotti, Past President FADOI Lazio, in occasione del Congresso della FADOI Lazio (la Società Scientifica che riunisce gli Internisti Ospedalieri) presieduta da Dario Manfellotto-  nella Capitale è ancor più angosciante. Dimesso dall’ospedale, il paziente rischia di finire prigioniero in casa se non ha congiunti, non ha possibilità economiche. Il colmo della solitudine è se in casa non ha l’ascensore. Gli indirizzi del Piano di rientro, appena approvato, redatto dal Governatore Polverini e in buona parte condivisibili - se alla chiusura di posti letto non seguirà un concreto potenziamento dell’assistenza sul territorio, rischiano di sottovalutare l’impatto dell’anziano fragile dopo la dimissione. Mi viene in mente la famosa Legge Basaglia. Norme intelligenti, sacrosante, civili e tutte condivisibili. Ma, chiusi i manicomi, i malati si ritrovarono talora soli, ad esclusivo carico delle famiglie. Per quanto riguarda la salute in genere, in provincia di Roma, i dati coincidono con quelli dell’intera regione. Aumentano i casi di diabete, artrosi, ipertensione, bronchite cronica, allergie. Si mangia troppo e male. Cresce il sovrappeso. Aumentano i malati ”critici cronici” che ormai sono il 20 per cento dei ricoveri in ospedale. Una salute che peggiora. Va meglio solo per il fumo. E questa è una bella notizia».« Ormai Roma è badante dipendente – aggiunge Scotti-  Gli anziani over 65 in provincia di Roma sono 824.416 dei quali 220.775 hanno più di 80 anni e 1812 sono centenari o ultracentenari. Oggi gli anziani a Roma e provincia rappresentano quasi il 20 per cento della popolazione, tra dieci anni saranno il 22 per cento e nel 2030 quasi il 26 per cento. Ma ciò che più impressiona è l’indice di vecchiaia: se oggi è quasi del 140%, nel 2020 sarà quasi del 158% e nel 2030 del 199%. Tra dieci anni ci saranno, a Roma e provincia, centotrentamila anziani in più rispetto ad oggi, ai quali vanno aggiunti quelli stranieri che, in tutto il Lazio, oggi sono una minoranza (a Roma e provincia sono 10.355 sul totale di 406mila residenti stranieri) ma presto diventeranno un nuovo esercito».
Il dolore, una realtà sottovalutata anche nel Lazio. « C’è un altro problema emergente - dice il dottor Ruggero Pastorelli, prossimo presidente della FADOI Lazio e Direttore della Struttura Operativa Complessa di Medicina Interna dell’ospedale di Colleferro al congresso regionale della FADOI Lazio a Roma – un volto della salute, quasi dimenticato, che bisognerebbe approfondire. Il dolore, oncologico o di altra origine,  presente almeno nel 20-25% dei pazienti ricoverati nelle divisioni di Medicina Interna, non sempre è  misurato e affrontato in modo strutturato  cioè con  le Linee Guida e i protocolli farmacologici. Da pochi mesi c’è la Legge 38/2010,  speriamo che si applichi subito. Ma questa legge non ha inserito gli Internisti che assistono la metà dei pazienti ricoverati in ospedale, fra i medici referenti per le cure palliative e la terapia del dolore. Chiediamo che la Regione sappia colmare questa lacuna, per favorire l’applicazione della legge anche nei nostri Ospedali. Non è solo una speranza ma un appello».

Salute: con frutta e verdura rischio cancro polmoni -23%

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 Mangiare otto tipi diversi di frutta e verdura può arrivare a ridurre del 23% il rischio di sviluppare il tumore ai polmoni rispetto a chi ne consuma solo quattro: a sostenerlo sono i dati di uno studio condotto da FECYT - Spanish Foundation for Science and Technology che ha coinvolto 23 città di 10 Paesi europei (Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Grecia, Olanda, Italia, Norvegia, Regno Unito e Svezia) che ha mostrato che l'effetto del consumo variegato di frutta e verdura sarebbe evidente soprattutto nei fumatori.

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention. "Un legame significativo è stato trovato solo nei fumatori - spiega María José Pérez Sánchez, co-autrice dello studio -. Per ogni due unità aggiuntive di diversi tipi di frutta e verdura nella dieta, il rischio di insorgenza di questo tipo di cancro scende in maniera significativa del 3%. Quindi se i fumatori aumentano la varietà di frutta consumata, potrebbero avere un rischio minore di sviluppare questo tipo di cancro". Il rischio, spiegano i ricercatori, scende di un ulteriore 4% per ogni varietà di frutta o verdura aggiunta alla dieta

Salute: Veronesi "Con nuova Tac spirale ridurremo mortalità tumore polmoni"

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I dati di ricerca dell'Istituto Europeo di Oncologia  (Ieo) guidato dall'oncologo Umberto Veronesi confermano i risultati del National Cancer Institute: la Tac spirale permette di ridurre del 20% la mortalità per tumore al polmone nei soggetti a rischio. L'annuncio dopo dieci anni di studi e verifiche eseguite su un campione di 6000 grandi fumatori. La Tac a spirale a basso dosaggio si è dimostrata efficace nel diagnosticare precocemente un maggior numero di tumori: è il caso di quelli non rilevabili da altri strumenti diagnostici, con micro-formazioni fino a 0,6% millimetri.

Allo IEO in dieci anni sono state eseguite 40 mila Tac di nuova generazione che hanno permesso di diagnosticare 287 carcinomi polmonari, nel 75% dei casi allo stadio iniziale. Secondo Veronesi, utilizzando questo mezzo di screening in maniera diffusa e mirata "la mortalità potrebbe ulteriormente essere abbassata". "Non proporre questo esame alla popolazione a rischio, cioè ai forti fumatori, diventa un atto non etico - afferma il direttore scientifico dello Ieo - perché li priva della possibilità di salvare la loro vita. Dopo dieci anni di controlli e di sperimentazione siamo a una sopravvivenza del 70% dei casi".

Tumore al polmone: danni al Dna diversi per non fumatori

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Il tumore del polmone potrebbe essere legato ad alterazioni del Dna differenti se si è fumatore o non fumatore. La scoperta arriva da uno studio canadese del BC Cancer Research Center di Vancouver. Gli oncologi hanno confrontato il patrimonio genetico di 30 pazienti tabagisti e 53 pazienti non fumatori o ex fumatori. Tra coloro che non avevano mai acceso una sigaretta ed erano stati colpiti dal cancro si osservava una maggiore quantità di recettori del fattore di crescita epidermico (EGFR), evento già noto alla letteratura scientifica, ma, cosa nuova, i non fumatori presentavano alterazioni del Dna più diffuse dei fumatori. Lo studio, presentato alla nona conferenza Frontiers in Cancer Prevention Research in corso a Filadelfia, suggerisce una nuova ipotesi: "Il cancro del polmone nei non fumatori dovrebbe essere studiato come un gruppo separato", spiega Kelsie Thu, poiché le due forme potrebbero rappresentare due malattie diverse.


martedì 23 novembre 2010

Siglato il protocollo d’intesa tra LILT e ACMO

Catanzaro

Lo scorso 7 luglio 2010 è stato siglato il protocollo d’intesa tra la LILT – Sezione Provinciale di Catanzaro - nella persona del suo Presidente Avvocato Concetta Stanizzi e l’ACMO – Associazione Calabrese Malati Oncologici “Ida Ponessa” – nella persona del Presidente Aldo Riccelli.
La Lilt ha tra i propri compiti istituzionali l’attenzione verso il malato per costruire attorno a lui una rete di solidarietà, di sicurezza e di informazione per offrirgli la certezza di non essere solo, l’Acmo è impegnata nell’ambito dell’attività di assistenza sociale e socio-sanitaria a favore delle persone affette da patologie oncologiche anche presso il loro domicilio.
Le attività svolte dall’Acmo si avvalgono dell’aiuto e della collaborazione gratuita di personale medico e paramedico specializzato e di volontari.
Nell’ambito delle rispettive finalità le due Associazioni hanno avviato un percorso di collaborazione finalizzato a migliorare la qualità della vita del malato oncologico e di supportare la famiglia in un momento assai difficile da superare.

CAMPAGNA NASTRO ROSA PER LA PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO


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Che cos'è il cancro?

Che cos'è il cancro? A una domanda del genere gli studiosi fanno fatica a dare una risposta precisa e convincente.
E replicano che la domanda è mal posta.
Che non bisogna parlare di cancro, ma di cancri.
La cellula "impazzisce"
In effetti non si può parlare di un'unica malattia chiamata cancro, ma di diversi tipi di malattie, che hanno cause diverse e distinte, che colpiscono organi e tessuti differenti, che richiedono quindi esami diagnostici e soluzioni terapeutiche particolari. Esistono però alcune proprietà che accomunano tutti i tumori, e che consentono di tentare una risposta valida un pò per tutte le forme della malattia. Per usare una metafora, si può dire che ad un certo punto, una cellula dell'organismo “impazzisce” - perde alcune sue proprietà, ne acquisisce altre - e comincia a moltiplicarsi al di fuori di ogni regola.

Metastatizzazione
All'interno di ogni cellula esistono in realtà dei “geni controllori” destinati a impedire che una cellula "sbagliata" possa sopravvivere. Perché il processo tumorale si inneschi bisogna che anche questi “controllori” siano fuori uso. A causa di questo “guasto” nel meccanismo che ne controlla la replicazione, le cellule si dividono quando non dovrebbero e generano un numero enorme di altre cellule con lo stesso difetto di regolazione. Le cellule sane finiscono quindi per essere soppiantate dalle più esuberanti cellule neoplastiche.
Sia le cellule di un tumore benigno che quelle di un tumore maligno tendono a proliferare in maniera abnorme ma, e questa è la differenza fondamentale, solo le cellule di un tumore maligno - in seguito ad ulteriori modificazioni a carico dei geni - tendono a staccarsi, a invadere i tessuti vicini, a migrare dall'organo di appartenenza per andare a colonizzare altre zone dell'organismo. Il tumore benigno rimane dunque limitato all'organo in cui si è sviluppato, mentre il tumore maligno - nel corso di un processo che può avere una lunghezza estremamente variabile e che dura comunque anni - estende la malattia ad altri organi, fino a colpire e compromettere organi vitali quali il polmone, il fegato, il cervello. Questo processo prende il nome di metastatizzazione e le metastasi rappresentano la fase più avanzata della progressione tumorale, costituendo la causa reale dei decessi per cancro.

Le mutazioni genetiche
Sappiamo ormai con buona certezza che il cancro origina da un accumulo di mutazioni, cioè di alterazioni dei geni che regolano la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule, la loro adesione e la loro mobilità. Le mutazioni possono svilupparsi in tempi molto differenti, anche sotto l'influenza di stimoli esterni. Il tumore benigno può essere considerato la prima tappa di queste alterazioni. Tuttavia, molto di frequente, questa tappa viene saltata e si arriva alla malignità senza evidenti segni precursori.
Quali sono, però, le cause della mutazione genetica? Oggi gli scienziati sanno che solo in rari casi le cause necessarie e sufficienti per lo sviluppo del tumore sono già “scritte” all'origine nei geni, cioè sono ereditarie.

Altre cause
Nella stragrande maggioranza dei tumori, invece, le alterazioni dei geni che sono responsabili della malattia sono determinate da cause ambientali. Sono provocate dall'esposizione prolungata ad agenti cancerogeni, di origine chimica, fisica o virale. Tuttavia il fumo di sigaretta, l'amianto, alcune sostanze sviluppate dalla combustione del petrolio o del carbone, l'alcol, una dieta squilibrata, i raggi ultravioletti del sole, le sostanze chimiche a cui possono essere sottoposti i lavoratori in certi processi industriali o in agricoltura, possono sommarsi ad una “fragilità” geneticapredeterminata e arrivare a provocare delle mutazioni che - alle stesse dosi e durate di esposizioni - non si riscontrano in altri individui.

La risposta della scienza
Per affrontare questo tipo di problematica si è sviluppata un'enorme quantità di lavoro di laboratorio per studiare il DNA e le componenti genetiche che condizionano l'aumentata suscettibilità allo sviluppo tumorale.
Ma c'è anche una scienza specifica - l'epidemiologia - il cui obiettivo è identificare le cause dei tumori e i fattori di rischio associati. È attraverso la loro identificazione che è possibile mettere in pratica quella prevenzione che rappresenta uno degli obiettivi più importanti per arrivare alla sconfitta del cancro. O, meglio, dei diversi tipi di cancro.