venerdì 24 febbraio 2012

SANITA' E SALUTE / Cura dei tumori della pelle, a Catanzaro è possibile sottoporsi all'elettrochemioterapia

L'innovativo approccio terapeutico possibile al Policlinico universitario
Sabato 11 Febbraio 2012 - 16:52
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"E' importante che i calabresi sappiano che nella nostra regione esiste un centro di eccellenza che può fornire un servizio fondamentale per il trattamento dei tumori cutanei maligni". Lo si legge in una nota della Fondazione "Tommaso Campanella", nella quale si evidenzia come proprio la struttura che ospita la fondazione sia "l'unica in Calabria provvista di un innovativo approccio terapeutico come l'Elettrochemioterapia.  Con questa tecnica per il controllo e il trattamento dei tumori maligni cutanei, disponibile presso le unità  operative di Dermatologia e di Chirurgia oncologica, il Poloncologico di localià Germaneto, a Catanzaro,  dà la possibilità  a molte persone di curarsi in Calabria. Si tratta di un traguardo di assoluto rilievo se si pensa che tanti pazienti, prima che la pratica fosse disponibile a Catanzaro, si sono trovati costretti a rivolgersi a centri oncologici extra regionali per godere dei suoi benefici. I viaggi della speranza da questo punto di vista possono essere evitati, dal momento che  tutti coloro che necessiteranno di tale rimedio potranno fare affidamento sulla struttura di Germaneto. E' questo uno dei tanti esempi di come la Fondazione Campanella - si legge nella nota -   continua regolarmente a imporsi come una realtà  sanitaria insostituibile per i calabresi e non solo, che, in numero sempre più cospicuo, guardano al Polo oncologico come a un centro di riferimento.
"La metodica, in tutta la regione Calabria, è disponibile solamente presso la nostra struttura ospedaliera ed è utile soprattutto come palliativa nelle forme di tumore metastatico avanzato, ma si sta imponendo anche come curativa per alcune forme di melanoma metastatico (metastasi in transit) e sarcoma di Kaposi".E' quanto afferma il professore Ugo Bottoni, direttore dell'unità  operativa di Dermatologia.  Oltre alla Fondazione Campanella, a disporre dell'apparecchiatura sono i maggiori centri oncologici Irccs italiani quali l'Ieo, l'Istituto Pascale di Napoli, l'Istituto oncologico di Bari e gli Ifo di Roma (Istituto San Gallicano e Istituto Regina Elena). In aggiunta a tali centri, l'Elettrochemioterapia è attuata anche presso l'università  di Padova, fa parte del Sistema oncologico del Veneto, presso l'Università  di Torino e la Sapienza di Roma. "A nostro avviso -  sostiene ancora il professore Bottoni - un centro come il nostro deve prevedere tale metodica come opzione terapeutica, soprattutto se risulta essere l'unico ad averla in tutta la regione". In sostanza, l'Elettrochemioterapia combina due effetti: la somministrazione di dosi ridotte di farmaco e l'elettroporazione delle membrane cellulari. La terapia è di facile applicazione, risolvendosi in mol ti casi in un'unica esecuzione. Il gruppo che, presso Fondazione la "Tommaso Campanella", si occupa di Elettrochemioterapia è composto, oltre che dal professore Ugo Bottoni, dalla dottoressa Maria Renne (Chirurgia oncologica) e dal dottore Fabrizio Giuseppe Amoruso (Dermatologia).  Il Centro oncologico d'eccellenza calabrese ha spalanca le porte a questa innovativa opportunità  terapeutica, considerata importante arma contro le metastasi. Tutto ciò, fa del Polo oncologico calabrese una struttura  pari a pochi altri istituti sanitari presenti sul panorama nazionale.

SANITA' E SALUTE / Lotta al cancro, importante scoperta di uno scienziato catanzarese

SANITA' E SALUTE / Lotta al cancro, importante scoperta di uno scienziato catanzarese

Scoperta una proteina che sarebbe responsabiili della progressione di alcune metastasi. Test incoraggianti sui topi


Giovedì 23 Febbraio 2012 - 16:53
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Nuovo importante riconoscimento internazionale per Davide Ruggero(nella foto). Lo scienziato 41enne di origini catanzaresi, già in passato salito agli onori della cronaca scientifica per alcuni studi rilevanti in materia di cancro, ha guidato un gruppo di ricerca che ha scoperta una proteina, la Mtor, che sarebbe responsabile della progressione di alcune metastasi tumorali
. La scoperta dell'equipe di Ruggero, che vive negli Usa. potrebbe quindi essere una scoperta fondamentale per l'efficacia dei farmaci antitumorali. I ricercatori, secondo quanto riportato da Repubblica.it, I ricercatori hanno anche testato su topi un nuovo composto che ha avuto come bersaglio proprio questa proteina e si è dimostrato promettente per bloccare le metastasi del cancro alla prostata
. Un nuovo catanzarese d'America, tanti anni dopo l'ex Nobel Renato Dulbecco scomparso pochi giorni fa, quindi si candida ad essere un punto di riferimento importante per la ricerca contro il cancro.

sabato 5 novembre 2011

Tumore al seno

Il cancro al seno è un tumore che può manifestarsi attraverso tutti i sintomi che andremo a descrivere, solo alcuni o addirittura rimanere del tutto asintomatico (privo cioè di sintomi evidenti); ogni caso è diverso dall’altro ed è difficile, se non impossibile, descrivere un quadro generale valido per ogni donna. Si ricordi inoltre che gli stessi sintomi possono essere provocati da cause diverse dal tumore e l’unico modo per avere una valutazione certa è eseguire una mammografia, l’esame più importante per la diagnosi del carcinoma della mammella.
Prima di procedere all’elenco dei sintomi più spesso riscontrabili desidero fare una premessa molto importante: le diagnosi fai da te sono un’incredibile fonte di ansia spesso ingiustificata che, da quando Internet ha preso il posto dell’enciclopedia medica, è se possibile anche peggiorata. Se sei arrivata a questa pagina perché hai il dubbio di avere un cancro al seno non metterti in mente di avere un male brutto e ricordati che in ogni caso il tuo medico è più appropriato di Internet per valutare la situazione.
I sintomi più comuni sono:
  • Un nuovo nodulo nel seno o sotto l’ascella,
  • gonfiore o di una parte del seno,
  • irritazione della pelle del seno,
  • arrossamento della pelle nella zona capezzolo,
  • dolore nella zona capezzolo,
  • qualsiasi modifica delle dimensioni o della forma del seno,
  • dolore in ogni zona del seno.
Per approfondire un buon punto di partenza scientificamente valido è il sito dellaassociazione italiana della ricerca sul cancro.

Tumori, arriva il farmaco multi-cancro

2 novembre 2011
Parte la maxisperimentazione
Sta per partire a Londra uno studio clinico di fase I per testare un farmaco multi-cancro, l’L-NNA che agisce su diversi tumori solidi, al seno, all’intestino e ai polmoni.
ANTI-ANGIOGENICO – Si tratta di un farmaco anti-angiogenico: agisce sui vasi sanguigni che portano ossigeno e nutrienti al tumore, costringendoli, in modo da ridurre la possibilita’ di crescita del cancro. ‘Tutti i tumori contano sulla fornitura di ossigeno e nutrienti vitali attraverso i vasi sanguigni – afferma Peter Hoskin, dal Mount Vernon Cancer Centre di Londra, dove avra’ luogo lo studio – senza un apporto di sangue, un tumore non puo’ crescere oltre le dimensioni di una testa di spillo’.
LA SPERIMENTAZIONE – La sperimentazione sara’ condotta su 25-40 pazienti, partira’ ad aprile del 2012 e terminera’ a febbraio del 2014. Tutti i volontari riceveranno una sola dose di L-NNA, e saranno sottoposti ad una serie di test (analisi del sangue, Tac, controllo della pressione ed elettrocardiogramma) per monitorare l’azione dell’L-NNA e gli eventuali effetti collaterali. Le reazioni previste potrebbero riguardare un aumento della pressione del dangue, una ridotta funzionalita’ renale e la crescita del rischio di insufficienza cardiaca.(ANSA).

CONGRESSO AIOM

05/11/2011

sabato 18 giugno 2011

Nuove armi nella lotta contro il cancro


Scritto da Administrator   
Martedì 12 Aprile 2011 06:15

Premio internazionale di oncologia a Luca Gianni L'ONCOLOGO GIANNI È STATO INSIGNITO DEL PREMIO DELL'ASCO GRAZIE ALLE SUE NUOVE SCOPERTE RIGUARDO AL CANCRO ALLA MAMMELLA PIÙ AGGRESSIVO, L'HER2

Il premio americano dell'ASCO "Gianni Bonadonna Breast cancer award and lecture 2011" è stato consegnato per la prima volta a un italiano, il direttore del dipartimento di oncologia medica del San San Raffaele Cancer Center di Milano Luca Gianni.
L'oncologo insignito in passato ha la lavorato con Gianni Bonadonna, personaggio che ha dato un grande contributo nella lotta contro il cancro alla mammella e a cui è dedicato il premio: "Accettai la proposta del Professore Bonadonna quando ero a medicina interna perché cercava giovani borsisti per il suo laboratorio. All'epoca gli spiegai che non ero interessato all'oncologia, ma mi avrebbe fatto piacere lavorare in laboratori all'estero".
Gli studi condotti dal Professore Gianni si sono concentrati su un tipo di tumore alla mammella molto aggressivo, l'Her2: questa proteina è molto pericolosa in quanto provoca ricadute nelle pazienti. All'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena è stato migliorato dal team della dottoressa Marcella Mottolese un nuovo metodo diagnostico che analizza il recettore Her2, capace di diminuire, modificare e aumentare passando da negativo a positivo e viceversa.
Nell'ultimo periodo è stato messo a punto anche un nuovo macchinario a scopo preventivo: grazie alla mammografia MAMMI (Mammography with molecular imaging) si è passati alla rilevazione di lesioni superiori ai 5mm alla visualizzazione di lesioni fino a 1,5mm.
Il premio dell'ASCO è stato introdotto nel 2007 ed è stato dedicato all'oncologo Gianni Bonadonna per merito del quale il tasso di mortalità causato dalla neoplasia della mammella è diminuito in modo significativo.
Redazione MolecularLab.it (16/06/2011)

Cos'è il tumore alla prostata

Cos'è il tumore alla prostata
La prostata è una ghiandola presente solo negli uomini, posizionata di fronte al retto e che produce una parte del liquido seminale rilasciato durante l'eiaculazione. In condizioni normali, ha le dimensioni di una noce, ma con il passare degli anni o a causa di alcune patologie può ingrossarsi fino a dare disturbi soprattutto di tipo urinario.

Questa ghiandola è molto sensibile all'azione degli ormoni, in particolare di quelli maschili, come il testosterone, che ne influenzano la crescita.

Il tumore della prostata ha origine proprio dalle cellule presenti all'interno della ghiandola che cominciano a crescere in maniera incontrollata.


Quanto è diffuso
Il tumore della prostata è uno dei tumori più diffusi nella popolazione maschile e rappresenta circa il 15 per cento di tutti i tumori diagnosticati nell'uomo: le stime parlano di poco più di 23.500 nuovi casi ogni anno in Italia, ma il rischio che la malattia abbia un esito nefasto non è particolarmente elevato, soprattutto se si interviene in tempo.
Lo dimostrano anche i dati relativi al numero di persone ancora vive dopo cinque anni dalla diagnosi – in media oltre il 70 per cento – una percentuale tra le più elevate tra i tumori, soprattutto se si tiene conto dell'età avanzata dei pazienti e quindi delle altre possibili cause di morte.
Stando ai dati più recenti, nel corso della propria vita un uomo su 16 nel nostro Paese sviluppa un tumore della prostata. L'incidenza, cioè il numero di nuovi casi registrati in un dato periodo di tempo, è in continua crescita, con un raddoppio negli ultimi 10 anni, dovuto all'aumento dell'età media della popolazione e all'introduzione dell'esame del PSA(Antigene prostatico specifico, in inglese Prostate Specific Antigene).
Misurare attraverso un semplice prelievo di sangue i livelli di questa molecola prodotta solo dalle cellule della prostata permette, in molti casi, di capire se nella ghiandola c'è qualcosa che non va, anche se non necessariamente si tratta di tumore, poiché il PSA aumenta anche in presenza di semplici infiammazioni, infezioni o ingrossamenti benigni della ghiandola stessa.


Chi è a rischio
Uno dei principali fattori di rischio per il tumore della prostata è l'età: le possibilità di ammalarsi sono molto scarse prima dei 40 anni, ma aumentano sensibilmente dopo i 50 anni e circa due tumori su tre vengono diagnosticati in persone con più di 65 anni. I ricercatori hanno dimostrato che moltissimi (tra il 70 e il 90 per cento) uomini oltre gli 80 anni hanno un tumore della prostata, anche se nella maggior parte dei casi la malattia non dà segni e ci si accorge della sua presenza solo in caso di autopsia dopo la morte.
Quando si parla di tumore della prostata un altro fattore non trascurabile è senza dubbio la familiarità, il rischio di ammalarsi è pari al doppio per chi ha un parente consanguineo (padre, fratello eccetera) con la malattia rispetto a chi non ha nessun caso in famiglia.
Anche la presenza di mutazioni in alcuni geni come BRCA1 eBRCA2, già coinvolti nel favorire l'insorgenza di tumori di seno e ovaio, o del gene HPC1, può aumentare il rischio di sviluppare un cancro alla prostata.
La probabilità di ammalarsi potrebbe essere legata anche ad alti livelli di ormoni come il testosterone, che favorisce la crescita delle cellule prostatiche, e l'ormone IGF1, simile all'insulina, ma che lavora sulla crescita delle cellule e non sul metabolismo degli zuccheri.
Non meno importanti sono i fattori di rischio legati allo stile di vita: dieta ricca di grassi saturi, obesità, mancanza di esercizio fisico sono solo alcune delle caratteristiche e delle abitudini negative sempre più diffuse nel mondo occidentale che possono favorire lo sviluppo e la crescita del tumore della prostata.


Tipologie
Nella prostata sono presenti diversi tipi di cellule, ciascuna delle quali può trasformarsi e diventare cancerosa, ma quasi tutti i tumori prostatici diagnosticati originano dalle cellule della ghiandola e sono di conseguenza chiamatiadenocarcinomi (come tutti i tumori che hanno origine dalle cellule di una ghiandola).
Oltre all'adenocarcinoma, nella prostata si possono trovare in rari casi anche sarcomi, carcinomi a piccole cellule ecarcinomi a cellule di transizione.
Molto più comuni sono invece le patologie benigne che colpiscono la prostata, soprattutto dopo i 50 anni, e che talvolta provocano sintomi che potrebbero essere confusi con quelli del tumore. Nell'iperplasia prostatica benigna la porzione centrale della prostata si ingrossa e la crescita eccessiva di questo tessuto comprime l'uretra – canale che trasporta l'urina dalla vescica all'esterno attraversando la prostata che, compressa, crea problemi nel passaggio dell'urina.


Sintomi
Nelle sue fasi iniziali, il tumore della prostata è asintomatico e viene diagnosticato in seguito alla visita urologica, che comporta esplorazione rettale, o controllo del PSA, con un prelievo del sangue.
Quando la massa tumorale cresce, dà origine a sintomi urinari: difficoltà a urinare (in particolare a iniziare) o bisogno di urinare spesso, dolore quando si urina, sangue nelle urine o nello sperma, sensazione di non riuscire a urinare in modo completo.
Spesso i sintomi urinari sopradescritti possono essere legati a problemi prostatici di tipo benigno come l'ipertrofia: in ogni caso è utile rivolgersi al proprio medico e\o allo specialista urologo che sarà in grado di decidere se sono necessari ulteriori esami di approfondimento.



Prevenzione
Non esiste una prevenzione primaria specifica per il tumore della prostata anche se sono note alcune utili regole comportamentali che possono essere incluse nella vita di tutti i giorni: aumentare il consumo di frutta, verdura e cereali integrali e ridurre quello di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta, e di cibi ricchi di grassi insaturi.
È buona regola inoltre mantenere il proprio peso nella norma e mantenersi in forma facendo ogni giorno attività fisica – senza esagerare, è sufficiente mezz'ora al giorno, anche solo una camminata.
La prevenzione secondaria consiste nel rivolgersi al medico ed eventualmente nel sottoporsi ogni anno a una visita urologica, se si ha familiarità per la malattia o se sono presenti fastidi urinari.


Diagnosi
Il numero di diagnosi di tumore della prostata è aumentato progressivamente da quando, negli anni Novanta, l'esame per la misurazione del PSA è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) americana. Sul suo reale valore ai fini della diagnosi di un tumore, però, il dibattito è ancora aperto.
I sintomi urinari del tumore della prostata compaiono solo nelle fasi più avanzate della malattia e comunque possono indicare anche la presenza di problemi diversi dal tumore. È quindi molto importante che la diagnosi sia eseguita da un medico specialista che prenda in considerazione diversi fattori prima di decidere come procedere.
Nella valutazione dello stato della prostata, il medico può decidere di eseguire il test del PSA e l'esplorazione rettale, che si esegue nell'ambulatorio del medico di base o dell'urologo, e permette a volte di identificare al tatto la presenza di eventuali noduli a livello della prostata.
Se questo esame fa sorgere il sospetto di tumore, si procede in genere con una biopsia della prostata su guida ecografica. L'unico esame in grado di identificare con certezza la presenza di cellule tumorali nel tessuto prostatico è la biopsia eseguita in anestesia locale, che dura pochi minuti e viene fatta in regime di day hospital. Grazie alla guida della sonda ecografica inserita nel retto vengono effettuati, con un ago speciale, almeno 12 prelievi per via trans-rettale o per via trans-perineale (la regione compresa tra retto e scroto) che vengono poi analizzati dal patologo al microscopio alla ricerca di eventuali cellule tumorali.


Evoluzione
Il tumore della prostata viene classificato in base al grado, che indica l'aggressività della malattia, e allo stadio, che indica invece lo stato della malattia.
A seconda della fase in cui è la malattia si procede anche a effettuare esami di stadiazione come TC (tomografia computerizzata) o risonanza magnetica .
Per verificare la presenza di eventuali metastasi allo scheletro si utilizza spesso la scintigrafia ossea.
Il patologo che analizza il tessuto prelevato con la biopsia assegna al tumore il cosiddetto grado di Gleason, cioè un numero compreso tra 1 e 5 che indica quanto l'aspetto delle ghiandole tumorali sia simile o diverso da quello delle ghiandole normali: più simili sono, più basso sarà il grado di Gleason. I tumori con grado di Gleason minore o uguale a 6 sono considerati di basso grado, quelli con 7 di grado intermedio, mentre quelli tra 8 e 10 di alto grado. Questi ultimi hanno un maggior rischio di progredire e diffondersi in altri organi.
Per definire invece lo stadio al tumore si utilizza in genere il sistema TNM (T =tumore), dove N indica lo stato dei linfonodi (N: 0 se non intaccati, 1 se intaccati) e M la presenza di metastasi (M: 0 se assenti, 1 se presenti). Per una catterizzazione completa dello stadio della malattia a questi tre parametri si associano anche il grado di Gleason e illivello di PSA.
La correlazione di questi parametri (T, Gleason, PSA) consente di attribuire alla malattia tre diverse classi di rischio: basso, intermedio e alto rischio. In genere nel caso di un basso rischio (cioè di una malattia che difficilmente si diffonderà e darà luogo a metastasi) si può anche decidere di non procedere alla rimozione chirurgica della ghiandola ma di limitarsi a monitorare l'evoluzione del disturbo


Come si cura
Oggi sono disponibili molti tipi di trattamento per il tumore della prostata ciascuno dei quali presenta benefici ed effetti collaterali specifici. Solo un'attenta analisi delle caratteristiche del paziente (età, aspettativa di vita eccetera) e della malattia (basso, intermedio o alto rischio) permetterà allo specialista urologo di consigliare la strategia più adatta e personalizzata e di concordare la terapia anche in base alle preferenze di chi si deve sottoporre alle cure.
In alcuni casi, soprattutto per pazienti anziani o con altre malattie gravi, o nel caso di tumori di piccole dimensioni e con basso rischio (micro focolaio in biopsia), si può scegliere di non attuare nessun tipo di terapia e "aspettare": è quello che gli anglosassoni chiamano watchful waiting, una "vigile attesa" che non prevede trattamenti, ma solo controlli abbastanza frequenti (PSA, esame rettale, biopsia) che permettono di controllare l'evoluzione della malattia e verificare eventuali cambiamenti che meritano un intervento.
Quando si parla di terapia attiva, invece, la scelta spesso ricade sulla chirurgia radicale. La prostatectomia radicale – la rimozione dell'intera ghiandola prostatica e dei linfonodi della regione vicina al tumore – viene considerata un intervento curativo, se la malattia risulta confinata nella prostata. Grazie ai notevoli miglioramenti degli strumenti chirurgici, oggi l'intervento di rimozione della prostata può essere effettuato in modo classico (prostatectomia radicale retro pubica aperta), per via laparoscopica, o attraverso il sistema più moderno della laparoscopia robot-assistita.
In Italia i robot adatti a praticare l'intervento sono sempre più diffusi su tutto il territorio nazionale.
Per i tumori in stadi avanzati, il bisturi da solo spesso non riesce a curare la malattia e vi è quindi la necessità di associare trattamenti come la radioterapia o laormonoterapia.
Per la cura della neoplasia prostatica, nei trattamenti considerati standard, è stato dimostrato che anche laradioterapia a fasci esterni è efficace nei tumori di basso rischio, con risultati simili a quelli della prostatectomia radicale.
: Un'altra tecnica radioterapica che sembra offrire risultati simili alle precedenti nelle malattie di basso rischio è labrachiterapia, che consiste nell'inserire nella prostata piccoli "semi" che rilasciano radiazioni.
Quando il tumore della prostata si trova in stadio metastatico, a differenza di quanto accade in altri tumori, lachemioterapia non è il trattamento di prima scelta e si preferisce invece la terapia ormonale. Questa ha lo scopo di ridurre il livello di testosterone – ormone maschile che stimola la crescita delle cellule del tumore della prostata – ma porta con sé effetti collaterali come calo o annullamento del desiderio sessuale, impotenza, vampate, aumento di peso, osteoporosi, perdita di massa muscolare e stanchezza.
Fra le terapie locali ancora in via di valutazione vi sono lacrioterapia (eliminazione delle cellule tumorali con il freddo) e HIFU (ultrasuoni focalizzati sul tumore). Sono inoltre in fase di sperimentazione, in alcuni casi già molto avanzata, anche ivaccini che spingono il sistema immunitario a reagire contro il tumore e a distruggerlo, e i farmaci anti-angiogenici che bloccano la formazione di nuovi vasi sanguigni impedendo al cancro di ricevere il nutrimento necessario per evolvere e svilupparsi ulteriormente.

giovedì 31 marzo 2011

American Medical Association che in una recente pubblicazione ha evidenziato come le onde che passano dal cellulare possano essere rischiose per l'attività del cervello modificandone la stabilit


Dopo un periodo di pausa ecco che torna l'allarme cellulari. Prima si diceva che le radiazioni potessero causare il cancro al cervello e quindi tutti siamo corsi a comprare un auricolare. Poi ci hanno detto che era l'auricolare a veicolare le onde nocive e allora lo abbiamo buttato per comprare il più sicuro auricolare Bluetooth, ma ancora oggi l'assoluta certezza di essere finalmente al sicuro non ce l'abbiamo.
A rincarare la dose di paranoia ci si mette anche l'American Medical Association che in una recente pubblicazione ha evidenziato come le onde che passano dal cellulare possano essere rischiose per l'attività del cervello modificandone la stabilità, anche se momentaneamente, a seguito di circa un'ora di conversazione.
Gli effetti non sono ancora chiari ma il parere di Nora Volkow, medico a capo della ricerca e direttore dell'American Medical Association e del National Institutes of Health non è tanto allarmista da sconsigliare totalmente l'utilizzo dei cellulari ma in ogni caso sottolinea che è preferibile tenere i telefoni a una certa distanza dall'orecchio o ancor meglio utilizzare gli auricolari possibilmente Bluetooth.
Chi proprio si rifiuta di infilarsi una cuffietta nell'orecchio, se ci tiene alla propria salute dovrà quindi scostare il cellulare il più possibile dalla testa perché "ogni millimetro conta", come dice Louis Slesin, editor della newsletter medica Microwave News.
Ma le precauzioni da prendere non finiscono qui. Anche tenere il telefono nel taschino della giacca o nei pantaloni è rischioso; meglio riporlo nella borsa o nello zaino per indirizzare altrove le onde dannose per il nostro organismo. Da alcuni studi ancora aperti emerge un dato allarmante che collega il cancro così come l'infertilità maschile e l'osteoporosi all'utilizzo dei telefoni cellulari. Il tema è però controverso: c'è infatti chi sostiene che non ci sia alcuna connessione fra le parti, ma tutto questo dibattere basta per insinuare il dubbio e seppur ne siamo ormai schiavi, i nostri smartphone iniziano sempre di più ad assomigliare ad alieni ostili pronti a impadronirsi di noi.
Una soluzione che sembra accontentare tutti, dagli scienziati agli utilizzatori di telefoni mobili, è mandare SMS invece che telefonare. In questo modo, oltre ad abbattere i costi della bolletta, saremo (quasi) sicuri di non danneggiare l'attività del nostro cervello anche se a quel punto non mi stupirei di leggere un nuovo studio che dimostri i danni arrecati alle dita della mano invece che alla testa. Ma niente paura, per quel giorno sono sicura che in commercio troveremo senz'altro dei guanti speciali anti radiazioni che indosseremo tutti al primo campanello d'allarme buttando via le ormai superate cuffie Bluetooth. Avanti il prossimo!