venerdì 26 novembre 2010

La solitudine del malato cronico. Congresso FADOI a Roma

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Solitudine, è la nuova “malattia” che colpisce i malati cronici del Lazio. Una tegola su una realtà che già preoccupa. Basta un viaggio nelle corsie della Medicina Interna, che accolgono circa la metà dei pazienti che ogni anno si ricoverano in ospedale. Nel 2009, nel Lazio, su 800mila ricoveri in ospedale oltre 400mila sono stati in area medica.  
«Crescono i pazienti “critici cronici”, sono il 20 per cento dei ricoverati - dice Dario Manfellotto, al vertice della FADOI Lazio, la Società scientifica che riunisce oggi e domani a Roma gli Internisti Ospedalieri – ma cresce anche il numero degli anziani che chiedono  aiuto all’ospedale perché non sanno  dove andare. Perché il malato cronico o anziano è solo. Perché non può più contare sull’ auto-assistenza e non ha una rete sociale alla quale rivolgersi, dalla famiglia alle strutture sul territorio. Sull’esercito dei pazienti over 65 anni - sono più di un milione e duecentomila, solo gli over 84 sono cresciuti in tre anni del dieci per cento - piomba l’incubo della solitudine. Un incubo perché alla riduzione dei posti letto negli ospedali non sta corrispondendo una crescita delle strutture assistenziali sul territorio. Tutto al momento si regge sulle badanti: 75 mila regolari, più del doppio in nero. L’allarme lanciato dalla FADOI Lazio ha colto nel segno: il Lazio sta diventando una regione badante-dipendente, ovviamente sempre per chi se lo può permettere e, in tempo di crisi, si risparmia anche su questo».
«E così è nato anche  il problema delle sliding doors, delle porte girevoli – spiega Dario Manfellotto- I pazienti ultra 65enni  sono il 25% degli accessi in Pronto Soccorso, ma fra i ricoverati sono più della metà. Però dei pazienti con più di 75 anni che vengono dimessi dagli ospedali, il 48,30% si ricoverano nuovamente entro un mese, magari in un altro ospedale. E’ l’emergenza sanitaria della regione e lo documentiamo con un dossier di proposte al Governatore Polverini sulle indicazioni del piano di rientro approvato recentemente e che, nelle linee generali, condividiamo. Ma sul percorso Ospedale-Territorio serve una riflessione. Dove mandiamo i nostri pazienti dimessi dai reparti di Medicina Interna se sono ancora inadeguate la recettività e la disponibilità dei servizi di assistenza domiciliare, post acuzie e lungodegenza? Alla riduzione dei posti letto sicuramente necessaria - anche se sull’ opportunità del taglio di lungodegenza e riabilitazione qualche dubbio rimane - non ha corrisposto una immediata creazione delle strutture intermedie, come gli ospedali distrettuali, che dovrebbero dare assistenza a molti malati ma, ovviamente, non a quelli acuti e gravi”.   
“Ministro Fazio, già fra pochi anni non ci sarà più posto per i giovani in corsia”. L’allarme lo ha lanciato il ministro Fazio qualche giorno fa: “Nel 2050 – ha detto il Ministro- se continueremo a ricoverare gli anziani in ospedale non ci sarà più posto per i giovani”. «Ma il 2050 paventato dal Ministro – replica Manfellotto- è già arrivato, e noi lo stiamo dicendo da anni. Non dovremo aspettare quarant’anni per vedere le corsie al collasso. Presto aumenteranno anche gli stranieri malati, anziani e non. Oggi gli stranieri anziani sono cento volte in meno dei residenti italiani ma tra vent’anni saranno quadruplicati. Malati che si aggiungono a malati, anziani che si aggiungono ad anziani».
«Il Ministro ha detto – conclude Manfellotto- che  “non si debbono chiudere gli ospedali senza un'adeguata assistenza territoriale, ma la strada va verso l'assistenza territoriale.” Il problema è che al momento né i medici di medicina generale né le strutture del territorio sono in grado di assistere questo gran numero di pazienti destinati a diventare sempre di più. Il futuro è già domani. Il Piano di rientro verrà applicato  dal 1 gennaio 2011. Bisogna agire, adesso. Bisogna disegnare adesso il futuro che, lo ripeto, è davvero alle porte. Gli Internisti presenti in ogni Ospedale, vere sentinelle dello stato di salute del nostro Paese e della nostra regione, sono pronti a rimboccarsi le maniche per collaborare alla soluzione del problema. Su questo progetto serve un tavolo di concertazione con la Regione».
Uno su cinque ha i capelli bianchi. Nel Lazio ci sono circa un milione e 200mila ultrasessantacinquenni dei quali, più o meno un terzo, ha più di ottant’anni. Rappresentano quasi il 20 per cento della popolazione (gli 80enni e più sono il 5,4%). Il primato dei capelli bianchi- ma non è una novità- spetta sempre alle donne (651.895 contro 471.172), mentre dando uno sguardo alle province la più anziana è quella di Rieti, dove il 23,2 per cento della popolazione ha più di 65 anni, la più giovane quella di Latina (17,8% di over 65). Le stime dell’ISTAT parlano chiaro: se l’indice di vecchiaia della regione oggi è pari a 142,3%, tra dieci anni salirà a 164,8% e nel 2030 diventerà 208,7%. Tra dieci anni gli over 65 saranno un po’ più di un milione e 300mila e rappresenteranno già il 22,4 per cento della popolazione ma nel 2030 diventeranno 1milione 500mila  (gli over 80 saranno quasi il 9% della popolazione). C’è un dato che ‘fotografa’ bene la situazione: oggi, nel Lazio, i centenari e ultracentenari sono 1368 (1031 donne e 337 uomini); nel 2020 supereranno la soglia delle cento candeline in 2000. 
Gli stranieri, malati dimenticati. Fra 10 anni saranno il triplo. I malati‘dimenticati’: sono gli stranieri, anziani e meno anziani.  Attualmente nel Lazio i residenti stranieri con più di 65 anni sono 12.500, vale a dire cento volte in meno degli italiani. Ma la loro corsa è già iniziata. Tra appena dieci anni il numero sarà triplicato (l’Istat ne stima 36.710) e tra vent’anni saranno il quadruplo di oggi (78.102). Oggi rappresentano il 2,7 per cento della popolazione straniera residente, nel 2030 saranno quasi il 10 per cento degli stranieri nel Lazio.
Roma badante-dipendente. Tutte le cifre degli anziani a Roma e provincia. La solitudine, “malattia” dilagante. Ne è vittima l’anziano. Nei grandi centri della provincia di Roma, la Capitale in primo luogo, non solo nelle borgate, ma da un po’ di tempo, anche in quelli piccoli, dove si ritiene che la vita scorra più a misura di persona avanti con gli anni.«Se quella del malato cronico o anziano solo è una drammatica realtà in tutto il Lazio -dice il dottore Emilio Scotti, Past President FADOI Lazio, in occasione del Congresso della FADOI Lazio (la Società Scientifica che riunisce gli Internisti Ospedalieri) presieduta da Dario Manfellotto-  nella Capitale è ancor più angosciante. Dimesso dall’ospedale, il paziente rischia di finire prigioniero in casa se non ha congiunti, non ha possibilità economiche. Il colmo della solitudine è se in casa non ha l’ascensore. Gli indirizzi del Piano di rientro, appena approvato, redatto dal Governatore Polverini e in buona parte condivisibili - se alla chiusura di posti letto non seguirà un concreto potenziamento dell’assistenza sul territorio, rischiano di sottovalutare l’impatto dell’anziano fragile dopo la dimissione. Mi viene in mente la famosa Legge Basaglia. Norme intelligenti, sacrosante, civili e tutte condivisibili. Ma, chiusi i manicomi, i malati si ritrovarono talora soli, ad esclusivo carico delle famiglie. Per quanto riguarda la salute in genere, in provincia di Roma, i dati coincidono con quelli dell’intera regione. Aumentano i casi di diabete, artrosi, ipertensione, bronchite cronica, allergie. Si mangia troppo e male. Cresce il sovrappeso. Aumentano i malati ”critici cronici” che ormai sono il 20 per cento dei ricoveri in ospedale. Una salute che peggiora. Va meglio solo per il fumo. E questa è una bella notizia».« Ormai Roma è badante dipendente – aggiunge Scotti-  Gli anziani over 65 in provincia di Roma sono 824.416 dei quali 220.775 hanno più di 80 anni e 1812 sono centenari o ultracentenari. Oggi gli anziani a Roma e provincia rappresentano quasi il 20 per cento della popolazione, tra dieci anni saranno il 22 per cento e nel 2030 quasi il 26 per cento. Ma ciò che più impressiona è l’indice di vecchiaia: se oggi è quasi del 140%, nel 2020 sarà quasi del 158% e nel 2030 del 199%. Tra dieci anni ci saranno, a Roma e provincia, centotrentamila anziani in più rispetto ad oggi, ai quali vanno aggiunti quelli stranieri che, in tutto il Lazio, oggi sono una minoranza (a Roma e provincia sono 10.355 sul totale di 406mila residenti stranieri) ma presto diventeranno un nuovo esercito».
Il dolore, una realtà sottovalutata anche nel Lazio. « C’è un altro problema emergente - dice il dottor Ruggero Pastorelli, prossimo presidente della FADOI Lazio e Direttore della Struttura Operativa Complessa di Medicina Interna dell’ospedale di Colleferro al congresso regionale della FADOI Lazio a Roma – un volto della salute, quasi dimenticato, che bisognerebbe approfondire. Il dolore, oncologico o di altra origine,  presente almeno nel 20-25% dei pazienti ricoverati nelle divisioni di Medicina Interna, non sempre è  misurato e affrontato in modo strutturato  cioè con  le Linee Guida e i protocolli farmacologici. Da pochi mesi c’è la Legge 38/2010,  speriamo che si applichi subito. Ma questa legge non ha inserito gli Internisti che assistono la metà dei pazienti ricoverati in ospedale, fra i medici referenti per le cure palliative e la terapia del dolore. Chiediamo che la Regione sappia colmare questa lacuna, per favorire l’applicazione della legge anche nei nostri Ospedali. Non è solo una speranza ma un appello».

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